Potrebbe sembrare un’affermazione un pò presuntuosa, soprattutto se fatta da chi con i gatti vive quotidianamente, eppure sono moltissime le esperienze di persone che hanno provato questo cambiamento nella loro vita. Molti testimoniano l’importanza della presenza di un piccolo felino per il superamento di momenti difficili della vita e il web è pieno di storie commoventi, di incontri casuali gatto-umano che magicamente diventano relazioni talmente profonde da cambiare fortemente la vita di queste persone.
Vediamo velocemente solo alcune delle conclusioni di studiosi e scienziati a proposito di questo:
“…l’ animale è un “acceleratore di relazioni umane”; è stato dimostrato che la presenza di un animale migliora, dal punto di vista psicologico, la vita dell’individuo, diminuendo solitudine e depressione, agendo da supporto sociale, dando impulso alla cura di se stessi e diventando una fonte di attività quotidiane significative” (Friedmann, 1990)
e ancora
“…gli animali possono diminuire l’ansia e abbassare lo stress diventando una fonte di contatto piacevole, una visione rilassante e una percezione di sicurezza e tranquillità, aumentando autostima, autocontrollo, indipendenza ed autonomia. Le ricerche degli ultimi trent’anni hanno dimostrato che gli individui possono sperimentare immediati effetti positivi a livello fisiologico semplicemente toccando un animale…(Jennings, 1997)
Non per niente un altro studio americano di Lowlett e Turnball del 2009 conferma che più dell’80% dei possessori di animali domestici rischierebbe la vita per salvarli in una situazione di emergenza.
Cosa avviene a livello psicologico ?
Studi in psicologia sostengono che alla base del legame che si crea con i nostri animali domestici ci sia la “Teoria dell’attaccamento” dello psichiatra inglese John Bowlby.
Bowlby sosteneva che, parlando di attaccamento, si intende: ” Qualsiasi forma di comportamento che porta una persona al raggiungimento o al mantenimento della vicinanza con un altro individuo differenziato o preferito, considerato come più forte o esperto”
Tutto ciò comincia alla nascita con la relazione emotiva che si crea tra madre e figlio e che include lo scambio di conforto, di cura e piacere che si riceve dall’interazione e che manterrà un’importanza vitale per lo sviluppo emotivo del bambino.
Tutto questo non solo prosegue per tutta la vita dell’essere umano ma è ciò che, secondo molti studi, si ripete nella nostra relazione con i nostri animali domestici.
L’animale può diventare dispensatore di calore, affetto, può offrire sicurezza e protezione ed è un soggetto “non giudicante”. Questo libera l’essere umano e gli permette di esprimere la propria essenza, con spontaneità, di guadagnare in autostima occupandosi di un essere che ha bisogno di lui senza essere giudicato e sentendosi accettato per quello che è. E’ questa “accettazione incondizionata” che si differenzia dalle normali relazioni interumane.
Il gatto diventa un osservatore della nostra natura più vera e lo fà nella più totale discrezione.
Altro ruolo importante nella creazione di queste super-relazioni lo ha ciò che è comunemente nota come “NEOTENIA”. Con questo termine intendiamo la conservazione di caratteristiche immature, sia fisiche che comportamentali, anche nell’età adulta.
Il gatto presenta molte caratteristiche neoteniche. Il muso rotondo, gli occhi grandi e rotondi, la fronte convessa, le guance paffute, il comportamento giocoso. Queste “fattezze” infantili, stabilite da Lorenz e definite “segnali infantili”, sono in grado di inviare segnali che innescano l’accudimento, sono caratteristiche che evocano sentimenti di tenerezza, protezione e sviluppano le cure parentali.
Gli esseri umani sono attirati da tutto ciò che ha fattezze infantili e hanno la forte tendenza all’accudimento, che si traduce in un rapporto genitore-figlio.
Questo rapporto porta all’essere umano benefici fisici ed emotivi.
Cosa avviene a livello fisiologico ?
Gli studi mostrano come ci sia un aumento di ormoni e neurotrasmettitori sia nell’umano sia nel gatto che migliorano lo stato emotivo e fisico di entrambi.
Ossitocina: si libera nell’organismo umano nell’interazione con il gatto. Questo ormone è chiamato anche “ormone dell’amore” e migliora l’empatia, favorisce l’attaccamento ed è in grado di combattere lo stress e la depressione. Da’ un senso di appagamento e di soddisfazione personale perché legato all’accudimento della prole.
Beta-endorfine: sono neurotrasmettitori legati all’euforia. Nell’interazione con il gatto aumentano, mentre diminuisce la sensazione di dolore e lo stress.
Feniletilamina: e’ un neurotrasmettitore associato con sentimenti di attrazione, provoca euforia ed aumenta in entrambe le specie.
Dopamina: aumenta la sensazioni piacevoli e diminuisce il livello di cortisolo che è un ormone associato allo stress. E’ un neurotrasmettitore associato alle sensazioni di piacere e all’euforia.
E poi…vogliamo parlare delle fusa ? al di là delle già esistenti prove scientifiche, chi può negare che siano una dei fenomeni più rilassanti che la natura ci offre ?
Il semplice fatto di accarezzare un gatto riduce in modo significativo la pressione del sangue, favorisce sensazioni di benessere, diminuisce lo stress e l’ansia e facilita le risposte del sistema immunitario.
Il contatto con gli animali favorisce lo sviluppo psico-fisico dei bambini, li aiuta a sviluppare l’ empatia, aumenta l’autostima e sono sempre di più i casi in cui si utilizzano gli interventi assistiti con gli animali.
Ecco perché le nostre relazioni con loro hanno la potenzialità di essere estremamente positive e gratificanti se gestite correttamente.
ATTENZIONE però….Non è corretto pensare che questi benefici siano “automatici”.
Il gatto, o qualsiasi altro animale domestico, non è una medicina che si prende al bisogno. Qui stiamo parlando di decidere di adottare e di prendersi cura di un essere vivente per tutta la sua vita. Stiamo parlando di un impegno importante, sia in termini emotivi ma anche puramente economici.
Ricordiamo sempre che adottare un animale DEVE essere una scelta responsabile ed oculata.
E’ inoltre necessario impegnarsi affinchè la relazione non sia squilibrata o eccessiva.
Relazioni troppo ossessive, dove la vita del caregiver (colui che si prende cura) viene organizzata in base alle esigenze dell’animale; così come relazioni totalmente inesistenti dove, sostanzialmente, l’essere umano si occupa solo di fornire cibo e riparo, non permettono la nascita del necessario equilibrio relazionale ed emozionale della coppia umano-gatto.
Una relazione così sbilanciata, in un senso o nell’altro, non fa bene a nessuno, nè al gatto nè all’essere umano.
Cosa NON deve accadere
In alcune situazioni, non così rare, è presente una forte forma di antropoformizzazione che porta molti caregiver ad assegnare ai gatti comportamenti e attitudini tipicamente umani, come ad esempio la vendetta, la gelosia, la cattiveria. Queste emozioni, indicate come “emozioni secondarie”, non appartengono al gatto. Il gatto non fa dispetti per vendetta e non è nemmeno geloso di noi o del bambino appena nato, solo per fare degli esempi. Se il gatto manifesta un cambiamento nel suo comportamento in concomitanza con alcuni eventi o importanti cambiamenti del suo ambiente (per ambiente intendiamo sia l’ambiente fisico, ma anche le sue relazioni intra ed inter specifiche) è perchè questo cambiamento sta disturbando il suo equilibrio, perchè percepisce un rischio (vero o presunto non importa, quel che conta è la percezione che ha il gatto di quel che sta accadendo) di perdere il controllo delle sue risorse e del suo territorio.
E’ ancora radicata la convinzione che trattare i gatti come piccoli umani sia il modo migliore per renderli felici ma così facendo, invece, si snatura l’animale. Non si tiene conto delle sue necessità specie specifiche, delle componenti emozionali del suo essere, delle sue necessità e, assegnandoli comportamenti umani, si cade in errore rispetto a quelli che sono i reali segnali che il gatto sta dando con il suo comportamento e si corre soprattutto il rischio di provocare dei veri problemi comportamentali. Uno su tutti è l’ansia da separazione, molto comune nei cani, e che si sta diffondendo anche tra i gatti domestici.
Altrettanto sbagliata è la “reificazione” cioè ridurre il gatto ad oggetto, ad una macchina, non riconoscendolo come “soggetto”, come essere vivente nella sua interezza.
Cosa DEVE accadere
per sviluppare un rapporto profondo e soddisfacente con il proprio gatto e “permettegli” di cambiare (in meglio) la nostra vita, è importante fare alcune cose:
– imparare a conoscerlo;
– permettegli di esprimere tutta la sua “felinità”;
– avere l’umiltà di ammettere che abbiamo qualcosa da imparare da lui, come da tutte le altre forme di vita che la natura ci ha regalato;
– essere capaci e disposti ad attuare dei cambiamenti in noi stessi, nelle nostre vite e nelle nostre case (ricordiamo che l’arricchimento ambientale è fondamentale per combattere la “noia” della vita casalinga a cui il gatto è spesso costretto).
Alla base di tutto ci deve essere “zooempatia”, cioè l’interesse e l’impegno dell’ essere umano nei confronti dell’animale ad accettare e rispettare la sua diversità.
Conoscere il gatto come “specie”, imparare quali sono le sue necessità etologiche, osservarlo e imparare a conoscere il suo linguaggio corporeo, i suoi comportamenti, diventare il “personal-ethologist” del nostro amico a quattrozampe ci permetterà di entrare nel suo mondo e di farci accettare come parte di esso.
E’ la connessione profonda tra i due individui che permetterà il cambiamento.
Occorre riconoscere al gatto:
Un valore di alterità. L’animale è quindi un individuo che ha diritti, emozioni e aspetti originali e personali che meritano di essere rispettati.
Un valore di referenza: l’animale porta dei benefici all’uomo che costruisce una relazione con lui. Benefici che si ritrovano sia sul piano fisico che sul piano emotivo, come abbiamo già evidenziato.
Un principio di specificità: l’animale occupa un posto rilevante nella relazione proprio in funzione della sua diversità che va quindi salvaguardata. Il gatto con la sua individualità dà il suo contributo alla relazione.
Resta inteso che, se vogliamo parlare di “relazione”, anche l’uomo deve apportare benefici al gatto. La relazione è una scambio. Diversamente dovremmo limitarci a parlare di “interazione”, che apporta benefici solo a una parte.
Conclusioni
Non è esagerato dire che adottare un gatto può cambiare la vita.
La sua compagnia può essere l’antidoto migliore contro una solitudine schiacciante, la sua gioia in un momento di gioco può diventare il nostro momento di relax anche dopo una giornata pesante.
Il solo fatto che il suo benessere psico-fisico dipenda da noi può spingerci ad alzarci dal letto ogni mattina, anche quando sembra che davanti a noi ci sia una montagna invalicabile.
Imparare dal gatto la capacità di vivere nel “qui e ora”, vivere nel presente con emozioni positive, può essere un aiuto per molti nostri mali ma nessun risultato può arrivare senza amore, passione e un impegno costante che sarà, però, ampiamente ripagato.
di Raffaella Ceruti – Consulente per la Relazione e Convivenza con il Gatto© certificata da Centro di Cultura Felina®